Oggi rispolvero la vecchia passione di cucire buffi animaletti di stoffa. Lui è Camillo e ha proprio la faccia da lunedì! E' realizzato con pochissimo materiale, in maggior parte di recupero e si presta a tante varianti. Potete usare scampoli di stoffa che avete già a casa senza comprare quasi nulla e avrete fato un piccolo regalo di Natale che piacerà ai bambini veri e a quelli mai cresciuti. Buon lavoro! Spero di essere stata chiara nelle istruzioni passo passo... Se vorrai farmi vedere il tuo gufetto pubblicalo sui social con l'hashtag #gufocamillo
Buon tranquillo lunedì!
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Omaggio a Bruno Munari "Chi non comprende l'arte contemporanea", dice Gillo Dorfles a proposito del suo ultimo libro Horror Pleni, "non deve sentirsi in colpa. Perché è assolutamente incomprensibile".
Nei confronti di una certa arte che sembra farsi sempre più autoreferenziale ed ostica, sempre più sganciata dalla vita, se non per una stretta cerchia di addetti ai lavori, le parole, le opere e la persona tutta di Bruno Munari suonano amiche come una brezza che sgombera un cielo nuvoloso. Di tutta l'Arte alta, irraggiungibile, misteriosa al punto da diventare muta, Munari sembra volercene spiegare i meccanismi dall'interno, svelarcene i segreti e i trucchi per fare crollare il castello di carte che la rende aulica, distante, e per restituircene invece il potenziale creativo, formativo per tutti. Tra le meraviglie offerte da You Tube c'è anche quella di poter vedere e sentire parlare Bruno Munari. Per chi ha perso l'occasione di incontrarlo, questa, seppur ovviamente per nulla sostitutiva, è comunque un' esperienza bellissima. Questo vecchietto canuto, con i suoi occhiali rotondi e dorati, parla con una chiarezza disarmante di cose che di solito sono immerse invece nell'alea dell'indeterminatezza e dell'ambiguità. Con logica vivace ci guida nel distinguere l'invenzione dalla fantasia, l'immaginazione dalla creatività, e con argomentare sillogistico ci fa prendere familiarità con l'arte e il suo sistema. Ci accompagna al suo interno facendoci tornare bambini e facendoci dono di un ritrovato spirito ludico e di un nuovo approccio al reale, meno prevenuto e più audace. "Chi sa qualcosa", ci dice, "ha il dovere sociale di comunicarlo con chiarezza agli altri. L'artista romantico che moriva con i suoi segreti nel cuore, è un personaggio di altri tempi; lo stesso si dica per l'artista che fa confusione per nascondere la propria ignoranza". Al contrario di altri grandi artisti suoi contemporanei, Munari ha sempre avuto un approccio trasversale all'arte e alle cose in generale, che dalla pittura lo ha portato poi alla scultura, al design, alla grafica, alla didattica. Libri illegibili, macchine inutili, xeroritratti, sculture da viaggio, forchette parlanti, musei immaginari, quadri tattili... sono solo alcune tappe della sua inesauribile e poliedrica ricerca concretizzatasi anche nell'esperienza di numerosi e diversi laboratori creativi, sia per bambini che per adulti, che hanno rivoluzionato davvero il modo di accostarsi all'arte. La pioneristica vocazione didattica di Munari però ha fatto anche sì che il suo lavoro non venisse preso sul serio da quanti (molti) si riconoscevano (e si riconoscono) invece in quell'arte aulica che chiede ai suoi fruitori unicamente la contemplazione dal basso, mantenendo così un prestigio alimentato più dalla distanza che dai contenuti. "Quasi tutti i miei amici", dice lo stesso Munari, "ebbero in casa loro una mia "macchina inutile" che tenevano però in camera dei bambini, proprio perché era una cosa ridicola e da poco, mentre in soggiorno tenevano sculture di Marino Marini e pitture di Carrà e Sironi. Certo che in confronto a una pittura di Sironi, dove si vede l'unghiata del leone, io, col mio cartoncino e i fili di seta non potevo essere preso sul serio". Dell’estate appena trascorsa faccio tesoro della scoperta di un posto magico: Montalbano Elicona. Inizialmente attratta dai misteriosi megaliti dell’Agrimusco (dove tornerò a breve perché ne sono rimasta davvero affascinata) ho scoperto anche il piccolo borgo in veste medioevale, animato dalle feste federiciane.
La luna piena complice di vicoletti illuminati solo da torce e fiaccole, musica dal vivo di arpa e flauti, saltimbanchi… sembrava proprio di essere entrati in un’altra dimensione del tempo. Al lato del castello banchetti di artigiani, anche loro in costume medioevale, proponevano sapienze antiche. Chi lavorava la carta pressata, chi le pelli, il legno, il ferro battuto, la ceramica. Ognuno era un piccolo mago che trasformava la materia dopo averne scoperto le leggi. Erano lì apposta per ricordarmi quanto sia importante il valore di cui investiamo le cose che abbiamo intorno, la storia che ci mettiamo dentro. Siamo circondati da molti oggetti e tra questi alcuni portano anche l’etichetta di handmade o design artigianale ma è forte la sensazione che siano muti e tanto simili tra loro, che obbediscano a un “trend” e si sforzino di piacere a un pubblico che ha già dei gusti ben formati, definiti, di massa. Quegli artigiani invece mi indicavano una bellissima deviazione di percorso. Erano loro a dirmi “C’è del bello qui, guarda”. E il bello era modellato dalle loro mani e dalla loro esperienza unica. Niente si sforzava di piacermi ma sono stata invitata a entrare dentro il mondo che quell’artigiano aveva costruito principalmente per se stesso. Era un accorgersi che la bellezza era dove non era previsto o scontato che fosse. In un attimo ho ritrovato quello che credevo di aver perso, lo scopo dietro questo mestiere bellissimo e antico. La paura di non avere poi così tanto da dire scompare come per un incantesimo quando ci si allontana dalla ricerca del consenso. Appena ciò che fai ridiventa tuo si investe magicamente di un’aura di bellezza e verità che diventa d’interesse anche per gli altri. Una verità molto semplice come semplice è la mano dell’artigiano che dà forma alla creta. |
![]() Foto di Chiara Scattina
Gabriella TrovatoDa sempre attratta da colori e pennelli, disegno e creo oggetti unici nell'intento di dire "ecco, questa sono io". Archivi
Ottobre 2018
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